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Balneari, la sentenza del Consiglio di Stato nega indennizi sulle opere fisse e non smontabili

La sentenza riguarda il caso dei Bagni Ausonia di Castiglioncello ma crea un precedente. Confcommercio alza la voce: "Inaccettabile"

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LIVORNO – Il Consiglio di Stato ha emesso una sentenza destinata a incidere profondamente sull’assetto delle concessioni balneari in Italia. Con una decisione definita choc dagli operatori del settore, i giudici di Palazzo Spada hanno stabilito che tutte le opere non amovibili realizzate su aree demaniali marittime devono essere acquisite gratuitamente dallo Stato alla scadenza della concessione o in caso di sua decadenza. La pronuncia, pubblicata il 14 ottobre, riguarda il caso dei Bagni Ausonia di Castiglioncello, ma apre scenari che potrebbero estendersi a centinaia di stabilimenti lungo le coste italiane.

Secondo il Consiglio di Stato, le opere fisse e non smontabili – come edifici in muratura, piattaforme cementizie, cabine e strutture integrate nel suolo – appartengono al demanio marittimo per loro natura e non possono restare in proprietà del concessionario dopo la fine del titolo. Non è previsto alcun indennizzo per il privato: il giudice ha chiarito che la scelta di realizzare strutture stabili su suolo pubblico è frutto di una libera iniziativa imprenditoriale, e dunque il rischio della perdita della proprietà è interamente a carico del concessionario. Tale principio, secondo la sentenza, non contrasta con il diritto europeo, ma anzi rappresenta una diretta conseguenza del carattere inalienabile dei beni demaniali.

La decisione segna un ulteriore passo nella linea giurisprudenziale che, negli ultimi anni, ha smantellato l’idea di concessioni balneari “perpetue” o prorogabili automaticamente. Dopo le pronunce che avevano dichiarato illegittime le proroghe generalizzate e imposto la necessità di gare pubbliche, ora arriva un chiarimento drastico sul destino delle strutture: tutto ciò che non può essere rimosso senza distruzione o danno diventa proprietà dello Stato. Restano escluse solo le opere effettivamente amovibili, come pedane stagionali, arredi mobili e chioschi smontabili.

Le implicazioni economiche sono pesanti. I concessionari che nel corso degli anni hanno investito in edifici, ristoranti, piscine e servizi fissi vedono ora messo in discussione il valore dei propri beni e, in prospettiva, rischiano di perderli senza alcuna compensazione. Le amministrazioni comunali, dal canto loro, dovranno rivedere le concessioni in scadenza e adeguare i bandi di gara alle nuove regole, distinguendo con precisione tra opere rimovibili e non. Anche i canoni demaniali potrebbero essere rivisti al rialzo, in funzione del maggiore valore patrimoniale che lo Stato acquisisce con il rientro delle strutture nel demanio.

Il pronunciamento ha suscitato preoccupazione tra gli operatori del settore, che parlano di “esproprio mascherato” e paventano ricorsi in sede europea. Le associazioni dei balneari chiedono al governo di intervenire con una norma di tutela transitoria che riconosca almeno un indennizzo per gli investimenti non ammortizzati. Sul fronte politico, la sentenza riaccende il dibattito sulla necessità di conciliare la tutela della concorrenza imposta dall’Unione Europea con la salvaguardia di un comparto che genera miliardi di euro e occupa decine di migliaia di addetti.

“La sentenza del Consiglio di Stato è profondamente ingiusta, iniqua e penalizzante ed ha tutti i crismi di un vero accanimento nei confronti delle imprese balneari che rappresentano un patrimonio di eccellenza nel sistema turistico italiano, il governo deve intervenire immediatamente come ha sempre promesso per tutelare un settore costruito su generazioni di sacrifici, investimenti e un’attenzione al cliente unica e meritano al contrario di essere tutelate e salvaguardate”. Lancia un vero e proprio appello il segretario generale del Sib Confcommercio e direttore di Confcommercio Provincia di Pisa e Confcommercio Provincia di Livorno Federico Pieragnoli.

“Stiamo parlando di imprenditori e soprattutto di imprese familiari che rappresentano una risorsa importantissima per il tessuto economico nazionale. Il turismo balneare è un pilastro del pil italiano, grazie ad un modello turistico che presenta caratteristiche uniche rispetto agli altri paesi europei. Non possiamo piegarci ad una normativa profondamente ingiusta ma soprattutto iniqua calata dalla Commissione europea”.

“In questi anni e questi mesi si sentono tante, troppe fandonie e falsità sul settore
balneare, ma la verità è che oltre il 90 per cento e ripeto il 90 per cento di queste attività è costituito da piccole imprese che contribuiscono a dare lavoro a migliaia e migliaia di persone. Parliamo di imprese che hanno contribuito a tenere in piedi l’economia del nostro paese nella tempesta della pandemia, di imprese che hanno assorbito persone che avevano perso il lavoro da altri settori e rappresentano un modello economico organizzato e sono convinto che se altri paesi avessero a disposizione un patrimonio del genere farebbero di tutto per tutelare e salvaguardare con le unghie e con i denti quello che è a tutti gli effetti un modello virtuoso”.

“In Italia – prosegue Pieragnoli – purtroppo la realtà è ben diversa e con tutti i problemi che ha il nostro paese continuiamo a farci male da soli. Sembra assurdo dover investire del tempo a difenderci da attacchi vili e ingiusti, quando invece avremmo bisogno di soluzioni reali in tempi ragionevoli”.

“Siamo disponibili a confrontarci anche con altre imprese sui fantomatici bandi, ma quel che è certo è che deve essere tenuto conto degli investimenti di imprese che hanno contribuito a sostenere l’economia del Paese, realtà fondamentali per la la cura e della gestione dei nostri litorali, comprese in alcuni casi le spiagge libere. Non possiamo accettare nel modo più assoluto che non venga loro riconosciuto alcun indennizzo in caso di perdita della gara. Serve una forte e decisa presa di posizione della politica a salvaguardia di un settore che costituisce a tutti gli effetti un modello e un fiore all’occhiello per il nostro Paese” la richiesta segretario generale Sib e direttore Confcommercio Pisa e Confcommercio Livorno.

© Riproduzione riservata

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