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LIVORNO – Uccelli tenuti in cattività per essere usati come richiami vivi: sequestrati ai cacciatori sono stati ricoverati al Cruma di Livorno
Sono 22 tordi e 10 merli portati al centro della Lipu a seguito di un’operazione posta in essere dai Nuclei carabinieri forestale di Lucca e Calcinaia contro il commercio e la detenzione illegale di richiami vivi.
Gli animali erano tenuti in cattività in due località toscane e facevano parte di un gruppo molto più numeroso di uccelli detenuti allo stesso scopo. I forestali nel corso delle operazioni di controllo hanno liberato immediatamente 107 animali adulti in salute, che erano pronti per essere anellati e venduti come richiami ad uso caccia, gli altri, non immediatamente liberabili in natura, sono stati trasferiti al centro della Lipu.
I 10 merli, 21 tordi bottacci e un tordo sassello sono tuttora ricoverati in condizioni di salute diverse. Quelli che hanno trascorso meno tempo in gabbia non presentano particolari criticità. Quelli che invece sono stati detenuti per più tempo – almeno un anno – portano addosso tutti i segni della segregazione: da anomalie cutanee dovute a carenze vitaminiche, a piumaggio rovinato o cresciuto male, fino a traumi ripetuti e cisti follicolari. Le loro condizioni sono infatti critiche.
Gli operatori e i volontari del Centro, coordinati dall’equipe veterinaria, hanno iniziato con un cambio graduale dell’alimentazione. Una procedura che richiede tempo e che da sola non basta. Dopo aver completato il quadro sanitario di ogni esemplare, il team ha definito il percorso terapeutico per ciascuno. Solo una parte degli uccelli potrà tornare in libertà. Per molti, invece, il futuro sarà diverso: alcuni potrebbero non farcela, per altri la vita in cattività potrebbe essere l’unica opzione possibile.
“Sebbene in Italia la pratica dei richiami vivi sia consentita per le specie in questione – a patto che provengano da allevamenti – dice la Lipu – esiste un fiorente mercato nero di esemplari prelevati illegalmente in natura, su cui vengono applicati anelli di riconoscimento alterati, come nel caso in questione. La Lipu si batte da sempre contro questa attività. Un’attività che, ricordiamo, alla privazione della libertà aggiunge la detenzione forzata al buio, in modo che gli uccelli perdano la percezione del tempo e cantino fuori stagione. Questi esemplari vengono infatti utilizzati dai cacciatori, in autunno e in inverno, come esche sonore per attirare altri uccelli selvatici nel mirino”.
“Purtroppo non si tratta di un caso isolato – commenta Nicola Maggi, responsabile del Cruma – assistiamo in diretta alla storia di questi uccelli: un monito crudele sulle conseguenze del bracconaggio e del commercio illegale. Attività che, ricordiamo, continuano a prosperare nell’ombra e che costituiscono una grave minaccia per la fauna selvatica”.


