(Adnkronos) –
Da Lukaku a Kean, da Pulisic a Rabiot. Tanti, troppi infortuni tra i calciatori della Seria A, tra campionato e gli impegni con le nazionali. Cosa sta succedendo? “Il calcio è lo sport più popolare a livello mondiale, ma è anche caratterizzato da una vasta gamma di infortuni a diversi livelli di competizione. Nonostante la popolarità del calcio, non sono molti studi epidemiologici completi che coprano in modo uniforme i diversi livelli e campionati professionistici. L’eterogeneità nella metodologia degli studi pubblicati rende difficile un confronto significativo dei dati. Tuttavia, l’incidenza complessiva degli infortuni nel calcio professionistico è stimata in 8 infortuni ogni 1000 ore di esposizione. La regione corporea più frequentemente infortunata rappresentata naturalmente dagli arti inferiori (80% di tutti gli infortuni). Le lesioni muscolari/tendinee, le lesioni legamentose/articolari e le contusioni sono le tipologie più frequenti. In particolare, le lesioni muscolari/tendinee rappresentano circa la metà di tutti gli infortuni a tutti i livelli di competizione”. A fare il punto per l’Adnkronos Salute è Andrea Bernetti, medico fisiatra e segretario generale della Simfer (Società italiana di medicina fisica e riabilitativa), in vista del ritorno della Seria A dopo la pausa per le nazionali.
Secondo il medico-fisiatra “alcuni dati sembrerebbero indicare una tendenza in aumento per determinate tipologie di infortuni. È piuttosto complesso ricercare le motivazioni dell’aumento degli infortuni negli ultimi anni, anche per la carenza di dati omogenei, per questo potrebbe essere utile la creazione di un registro internazionale degli infortuni come passo importante per colmare l’attuale lacuna di conoscenze e migliorare le strategie di riduzione del rischio”.
Tuttavia Bernetti dice che “tra le cause dell’aumento dell’incidenza ritroviamo:
1) L’alta esposizione alle partite (espressa in minuti) è specificamente elencata come un potenziale fattore di rischio. Un elevato carico di gioco è quindi correlato al rischio di infortunio2) Tasso di recidiva elevato, un altro fattore cruciale che contribuisce all’aumento complessivo degli infortuni è l’alta probabilità che un infortunio si ripresenti, in particolare quelli muscolari. Inoltre, le recidive spesso comportano una perdita di tempo maggiore rispetto all’infortunio primario. Questo ciclo di re-infortunio contribuisce in modo determinante all’aumento del carico totale di giorni persi3) Fattori biomeccanici e storici (lesioni precedenti): diversi fattori individuali aumentano la probabilità di lesioni, inclusi: la rigidità delle catene muscolari, uno scarso controllo del ritmo lombo-pelvico e della biomeccanica dell’anca e l’avere subito una precedente lesione (il fattore di rischio più significativo per l’infortunio muscolare)”.
Il medico-fisiatra spiega che “appare evidente come sia necessario migliorare le strategie di prevenzione. I programmi di prevenzione più comuni includono combinazioni di rinforzo muscolare con esercizi specifici ed esercizi di equilibrio e propriocezione. Esempi di programmi studiati includono l’esercizio Nordic Hamstring per i muscoli posteriori della coscia, l’esercizio Copenhagen Adductor (Cae) per gli adduttori, e programmi specifici come il Fifa 11+ per la prevenzione delle lesioni del Lca”.
“Tuttavia, nonostante l’uso di queste pratiche, in generale, l’evidenza a supporto dell’efficacia della maggior parte delle strategie di prevenzione è debole, sarebbero necessari ulteriori strategie di intervento, in particolare in merito alla valutazione dell’analisi biomeccanica strumentale avanzata, al fine di avere dati oggettivi per ogni singolo giocatore utili per impostare strategie di allenamento e di prevenzione personalizzate”, precisa.
In particolare, le lesioni muscolari e muscolo/tendinee più frequenti sono:
1) Lesioni ai muscoli posteriori della coscia (Ischiocrurali – Hamstring). “Le lesioni ai muscoli posteriori della coscia sono tra gli infortuni più gravosi per i calciatori professionisti a causa dell’alta incidenza, del rischio di re-infortunio e della potenziale lunga assenza dal campo. Queste lesioni – spiega Bernetti – rappresentano circa il 17% – 24% di tutti gli infortuni nel calcio professionistico d’élite, contribuiscono a un totale del 20% di tutti i giorni persi dai giocatori per infortunio e sembrerebbero essere in aumento negli ultimi 20 anni. Purtroppo, hanno un tasso di recidiva significativo, che si aggira intorno al 13% – 18% e, spesso, il re-infortunio comporta una perdita di tempo maggiore rispetto alla lesione iniziale”.
2) Lesioni agli adduttori dell’anca. “Le lesioni agli adduttori sono un altro importante infortunio nel calcio professionistico. Rappresentano dal 4% al 19% degli infortuni. Anche queste lesioni presentano un alto tasso di recidiva, che varia tra l’11% e il 15%”, analizza il medico.
3) Lesioni muscolari del quadricipite. “Costituiscono circa il 19% di tutti gli infortuni muscolari legati al calcio. Il rischio è più elevato durante il pre-stagione (vedi cosa accaduto a Lukaku del Napoli) e si verifica più comunemente nella gamba dominante per il calcio per il meccanismo legato al calcio del pallone che prevede una dinamica peculiare di contrazioni eccentrica e concentrica. Il tasso di re-infortunio per le lesioni ai quadricipiti è riportato al 15% circa”, avverte.
Altri infortuni comuni sono: “Lesioni ai legamenti della caviglia (distorsioni) che sono il terzo infortunio più comune, rappresentando tra il 10% e il 19% di tutti gli infortuni nel calcio professionistico. Hanno il più alto tasso di recidiva tra le lesioni degli arti inferiori; lesioni del legamento crociato anteriore (Lca): Sono più rare di quello che si pensi, ma con conseguenze potenzialmente devastanti. Il rischio di lesione del Lca è circa doppio nelle donne rispetto ai loro omologhi maschi; tendinopatie da sovraccarico: in particolare a livello del tendine rotuleo e achilleo; le fratture ha una incidenza stimata tra 0,1 e 0,3 ogni 1000 ore di esposizione tra i giocatori d’élite. Le fratture di mano e piede/caviglia sono le sedi anatomiche più comuni tra i professionisti”, conclude.
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