La repressione del governo talebano sulle donne e sulla loro istruzione ha raggiunto un nuovo livello. A partire dalla fine di agosto 2025, le autorità afghane hanno deciso di rimuovere dai programmi universitari i libri scritti da donne, una mossa che si inserisce in un quadro più ampio di restrizioni che coinvolgono metà della popolazione: quella, appunto, femminile.
La notizia è emersa in concomitanza con l’inizio dell’anno accademico, quando una direttiva è stata inviata alle università del Paese come parte di un decreto educativo che proibisce anche corsi di istruzione “ritenuti in conflitto con la Sharia islamica“.
L’educazione proibita in Afghanistan
Un membro del comitato di revisione dei libri di testo ha confermato che “tutti i libri scritti da donne non sono autorizzati a essere insegnati”. Il provvedimento è stato firmato dal viceministro talebano dell’Istruzione Superiore, Ziaur Rahman Aryoubi, a seguito delle decisioni prese da un panel di “studiosi ed esperti religiosi”. Le università sono state istruite a sostituire i libri vietati con materiali didattici che “non siano in conflitto con l’Islam”.
Il bilancio della censura è massiccio: almeno 679 titoli sono stati banditi, poiché ritenuti “anti-Sharia e contrari alle politiche talebane”. Tra questi, circa 140 libri sono stati scritti da donne. I libri interessati coprono ogni campo di studio, inclusi testi sul diritto costituzionale, i movimenti politici islamici e il sistema politico, oltre a tematiche chiave come i diritti umani, gli studi sulle donne e il pensiero politico occidentale. Inoltre, 18 materie universitarie sono state vietate, sei delle quali riguardano specificamente le donne, come “Genere e Sviluppo”, “Il ruolo delle donne nella comunicazione” e “Sociologia femminile”.
La logica dietro il divieto
Il divieto è stato interpretato come una diretta conseguenza della mentalità del regime. Zakia Adeli, ex viceministro della Giustizia prima dell’istituzione del governo talebano e autrice di uno dei libri banditi (Terminologia Politica e Relazioni Internazionali), ha espresso il suo mancato stupore alla Bbc. Secondo Adeli, “data la mentalità e le politiche misogine dei Talebani, è naturale che, quando alle donne stesse non è permesso studiare, anche le loro opinioni, idee e scritti vengano soppressi”.
È importante sottolineare che, da quando sono tornati al potere nell’agosto 2021, i Talebani hanno vietato l’istruzione per le ragazze oltre quella che viene definita la sesta elementare, cioè dopo i 12 anni, sostenendo che ciò non è conforme alla loro interpretazione dell’Islam.
Oltre ai testi femminili, sono stati presi di mira anche circa 300 libri scritti da autori iraniani o pubblicati da editori iraniani. Fonti interne al comitato di revisione hanno dichiarato al quotidiano britannico che l’obiettivo è “prevenire l’infiltrazione di contenuti iraniani” nel curriculum formativo afghano, un segnale delle tensioni tra i due Paesi, acuite da questioni come i diritti idrici e l’espulsione di profughi afghani dall’Iran.
La realtà delle Madrasa e delle scuole segrete
La messa al bando dei libri si colloca in un contesto di crisi educativa che dura da quattro anni. Un reportage della Cnn dello scorso mese ha messo in luce la situazione attuale dell’istruzione femminile in Afghanistan, che rimane l’unico Paese al mondo a proibire alle ragazze e alle donne l’accesso all’istruzione generale a livello secondario e superiore, dal 2021. Nel frattempo, c’è stata una netta espansione delle scuole religiose, le Madrasa: secondo i dati del Ministero dell’Istruzione, sono state istituite 22.972 Madrasa finanziate dallo Stato negli ultimi tre anni.
Queste istituzioni religiose sono spesso l’unica opzione disponibile per le ragazze afghane con più di 12 anni che desiderano studiare. Nelle Madrasa pubbliche, il contenuto delle lezioni è quasi interamente religioso. Sebbene alcune strutture private, come la Naji-e-Bashra madrasa a Kabul, offrano una “leggera flessibilità” per l’insegnamento di lingue e scienze, il direttore ha spiegato che il curriculum formativo è strutturato per essere “molto utile per il ruolo delle madri nella società, in modo che possano crescere buoni figli”.
Molte ragazze non ritengono che le Madrasa siano un sostituto adeguato. Una di esse ha confidato alle telecamere della Cnn che le sarebbe piaciuto fare il medico, ma che “quando i Talebani sono arrivati in Afghanistan, tutte le porte delle scuole mediche non sono accessibili alle ragazze”.
In risposta a questo vuoto educativo, sono emerse delle scuole segrete. Il reportage cita il caso di una donna di 23 anni che studiava economia all’università e che ha visto le sue ambizioni crollare nell’agosto 2021. In risposta, ogni mattina alle 6, circa 45 studentesse, alcune di soli 12 anni, si intrufolano a casa sua per studiare matematica, scienze, informatica e inglese. Questo è un rischio enorme: due mesi prima della pubblicazione del reportage, la giovane è stata arrestata dai Talebani e rimproverata per il suo lavoro, ma ha rifiutato di abbandonare le sue studentesse.
I divieti alle donne in Afghanistan
Amnesty International ha chiesto che questo fenomeno – un vero e proprio “apartheid di genere” – sia riconosciuto come crimine nel diritto internazionale, in modo da intensificare gli sforzi “per contrastare il regime di oppressione e dominazione, istituzionale e sistematica, per motivi di genere”. Alle donne e alle ragazze è stato sempre più negato il diritto alla libertà di movimento e d’espressione, ed è perdurato il divieto di istruzione oltre la scuola primaria.
Le restrizioni hanno distrutto l’indipendenza finanziaria delle donne. È proibito per le donne lavorare nel settore pubblico (salvo in settori come l’istruzione primaria e l’assistenza sanitaria) e con agenzie delle Nazioni Unite e Ong. Inoltre, i talebani hanno promulgato una “legge sul vizio e la virtù”, la quale proibisce che le voci femminili siano ascoltate in pubblico e che esse utilizzino i mezzi di trasporto se non hanno un accompagnatore maschio (mahram). È vietato loro anche il viaggiare per una distanza superiore a 72 km senza di esso. In base a questa legge, gli “ispettori della moralità” (agenti di polizia) sono autorizzati a trattenere e minacciare chiunque violi il codice morale.
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